Bologna piazza santo stefano

Giunti a Bologna, nella splendida e suggestiva Piazza Maggiore ci accoglie la statua del Nettuno, Dio del mare ed emblema di questa città.

Bologna Nettuno Ugo Bassi Apartments

Simbolo all’apparenza bizzarro per una città distante dal mare e che praticamente non ha risorse idriche superficiali. L’unico corso d’acqua che l’attraversa è l’Aposa, che è un piccolo torrente, e anche i due fiumi che la lambiscono, il Savena e il Reno, sono corsi d’acqua dalla portata scarsa e non costante.

Allora perché il Dio delle acque?
Perché Bologna nasconde un passato in cui l’acqua è stata vitale protagonista della sua economia e della sua vita.

In un viaggio nel passato, dall’età comunale alla fine del Settecento, navighiamo per Bologna come in una piccola Venezia, attraverso una rete di canali tra le più avanzate di tutta Europa creata da un sistema idraulico totalmente artificiale che collegava al Po’, le acque del Savena, del Reno e dei canali Navile e Moline. Dal porto (si avete letto bene Bologna aveva un porto) partivano navi e imbarcazioni sulle quali i mercanti scambiavano e vendevano merci non solo con le campagne circostanti ma anche con le città del Nord. Scivolando su queste acque vediamo il fermento delle fabbriche, opifici e mulini a ruota per l’industria della seta, lavandaie e tanto altro che oggi risulta difficile immaginare persino per un Bolognese. Forse qualche “Umarel” potrà ricordare il Canale Navile navigabile sino a metà del secolo scorso.

Ma se volessimo andare alla ricerca di indizi del passato potrebbe bastare una passeggiata in centro.

Rechiamoci in Via della Grada, strada che prende il nome dalla doppia grata appunto, attraverso la quale il fiume Reno entrava in città. Questa inferriata filtrava l’acqua da grossi detriti che avrebbero danneggiato le macchine per la produzione della seta, evitava l’ingresso indesiderato dei nemici e riceveva i grossi tronchi di legno che, giungendo dall’Appennino, venivano poi trasportati alle tante segherie di Via dei Falegnami. La grata risulta ancora apribile.

Se vogliamo far colpo su qualcuno che viene da fuori anticipiamo che gli stiamo per mostrare un segreto e dirigiamoci verso Via Piella, una strada secondaria adiacente a Via Indipendenza. Camminando sotto il portico di questa, che all’apparenza sembra molto simile alle altre vie del centro, troviamo nel muro un pannello di legno che basta spingere lievemente per aprirlo e avere davanti agli occhi uno scorcio da cartolina. Il canale delle Moline sfiora lievemente le basi delle colorate casine che, decorate con fiori e altri oggetti, sanno di essere irresistibili ed in posa per essere fotografate.

Esistono altri affacci sul canale come quello che si trova nel retro di un bar in Via Alessandrini, dove si può bere un buon caffè avendo come sottofondo il rumore dell’acqua che scorre e si può godere di un altrettanto suggestivo panorama.

Durante il secolo scorso purtroppo i canali che serpeggiavano tra le case, i palazzi e le vie della città sono stati ricoperti, sia per motivi di salute pubblica sia per guadagnare spazio per edificare e oggi scorrono sotto il livello stradale. Questo mondo sotterraneo oggi si può esplorare, pertanto abbandoniamo la superficie per recarci in un labirinto fatto di cunicoli e gallerie attraverso le quali possiamo ripercorrere i canali guidati dall’Associazione “Amici delle acque”. Da una botola in Piazza Minghetti, costeggiando il condotto del torrente Aposa, incontreremo resti di diverse epoche storiche come quelli di un ponte romano costruito per far sì che la Via Emilia potesse attraversare il corso d’acqua. Non dobbiamo aver paura di perderci e di perdere i punti di riferimento, sono indicati lungo tutto il percorso, ad esempio se osserviamo il ponte romano siamo esattamente otto metri sotto alle torri Degli Asinelli e Garisenda.

Merita assolutamente un tour la Conserva di Val Verde un complesso che è stato riportato di recente all’antico splendore e che erroneamente venne chiamato, quando fu scoperto nel XX secolo, Bagni di Mario in quanto si pensava avesse una funzione termale; siamo fuori Porta S. Mamolo.

Questa struttura, realizzata dall’architetto palermitano Tommaso Laureti nel 1563, era una cisterna che doveva raccogliere le acque provenienti dalle colline, purificarla e condurla, attraverso un sistema di condutture sino a Piazza Maggiore per alimentare la fontana del Nettuno.

Se abbiamo voglia di natura intraprendiamo, in bici o a piedi, la ciclovia del Navile che seguendo le sponde dell’omonimo canale ci porta dal centro della città volendo sino a Bentivoglio.

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Lungo la strada si potrà fare una sosta al Museo del Patrimonio industriale, incontreremo numerosi sostegni come il Sostegno Torregiani, risalenti al 1400 e 1500. Ma questo luogo dà il meglio di sé in primavera e ci sorprenderà con la bellezza della flora e della fauna che incontreremo. Pedalando sull’argine del canale, saranno le simpatiche nutrie a farci compagnia, l’airone cenerino giocherà a nascondino dietro i rami frondosi degli alberi, le anatre in fila indiana ci snobberanno e ogni tanto ci sembrerà di vedere e sentire cadere in acqua dei grossi sassi, che altro non sono che le tartarughe assolate.

Arrivare a Bentivoglio?
Ora non esageriamo!
Di solito ci si ferma al Ponte della Bionda che prende il nome da una signorina dalla chioma dorata che svolgeva in quel punto il mestiere più antico del mondo.

La Bologna delle acque è questo e tanto altro ancora.

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